Taiwan schiera film e serie tv per frenare l’egemonia della Cina

Taiwan schiera film e serie tv per frenare l’egemonia della Cina

Taiwan schiera film e serie tv per frenare l’egemonia della Cina


di Lorenzo Lamperti

Vicky cammina in un tunnel sopraelevato di Taipei, voltandosi verso la telecamera mentre una voce fuori campo racconta la sua tormentata storia d’amore con Hao-Hao. Il terzo millennio cinematografico è cominciato così, con lo straordinario incipit di Millennium Mambo, pellicola del regista Hou Hsiao-Hsien. Inizio del millennio e insieme canto del cigno di un periodo d’oro per il cinema di Taiwan, per diverso tempo inaggirabile polo culturale e fulcro della produzione artistica dell’Asia orientale e poi messo almeno parzialmente in ombra dall’ascesa della Repubblica popolare cinese, che proprio in quei mesi stava ufficialmente facendo il suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Ascesa economica, politica, culturale. E dunque anche di soft power.

Tanto è cambiato da allora. Le distanze sullo Stretto, già profonde a livello politico, hanno assunto un connotato culturale e identitario. Nei tradizionali sondaggi identitari condotti sull’isola, a fine 2020 il 64,3% degli intervistati dalla National Chengchi University si riteneva solo taiwanese, il 29,9% sia taiwanese sia cinese e il 2,6% solo cinese. Vent’anni prima le percentuali erano rispettivamente 36,9%, 44,1% e 12,5%. 

Il cambiamento lo si vede anche nella produzione cinematografica e televisiva, sul quale il governo taiwanese sta insistendo molto per due motivi. Il primo: proporsi di nuovo come propulsore culturale di prodotti in mandarino approfittando della tendenza a chiudersi di Pechino. Il secondo: rafforzare una narrativa identitaria che insista sull’alterità rispetto alla Cina continentale sotto il punto di vista non solo politico, ma anche storico ed etnico-linguistico. Se una volta le produzioni televisive e cinematografiche ad alto budget erano per lo più rivolte a raccontare le vicende delle dinastie dell’impero cinese o al limite della storia repubblicana (non popolare) cinese, ora si finanziano più volentieri altri tipi di opere.

La nuova produzione cinematografica e televisiva taiwanese

L’esempio più celebre, e recente, è quello di Seqalu – Formosa 1867, prodotto dal Taiwan Public Television Service e destinatario di un’imponente campagna pubblicitaria. La serie televisiva, approdata anche su Netflix, è un adattamento del romanzo Lady Butterfly of Formosa di Chen Yao-chang, un ex politico del Partito democratico progressista attualmente al governo con la presidente Tsai Ing-wen. La sua storia è basata sull’incidente del marzo 1867, quando il mercantile statunitense Rover naufragò al largo delle coste taiwanesi dopo aver colpito una barriera corallina. Quattordici marinai americani furono uccisi dagli aborigeni taiwanesi per vendetta dopo l’uccisione di decine di membri della tribù Kaolut da parte dei tanti stranieri che circolarono per secoli intorno all’isola. Incidente dal quale nacque una spedizione militare di Washington appoggiata dalle forze cinesi della dinastia Qing.

Sia il romanzo sia la serie puntano a sottolineare la varietà etnica e culturale di Taiwan. D’altronde lo scrittore Chen dice di essere discendente d Siraya, una delle popolazioni aborigene dell’isola. Non è un caso che il suo lavoro cerchi di mettere in luce l’unicità delle radici etnico-linguistiche taiwanesi rispetto a quella della Cina continentale. Angolazione che ha permesso a Seqalu di ricevere l’endorsement di vari politici del Dpp, Tsai compresa.

Storia, diritti e soft power

Ma sono tanti gli esempi che fanno capire come si sia di fronte a una tendenza be precisa. L’anno prima era uscito Island Nation, che racconta la transizione democratica di Taiwan dopo la legge marziale. O ancora Days We Stared at the Sun, incentrato sul movimento dei girasoli che di fatto contribuì alla vittoria di Tsai alle elezioni del 2016. Tanti altri titoli rimandano invece al progressismo taiwanese in materia di diritti civili. Due tra i film di maggiore successo del 2020 raccontano storie legate alla comunità lgbt+. Si tratta di Dear Tenant, che dipinge però in maniera problematica la strada che porta alla piena eguaglianza di genere, risultato non raggiunto pienamente nonostante la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Oppure Your Name Engraved Herein, che racconta l’amore tra due giovani subito dopo l’abrogazione della legge marziale tra omofobia e stigma sociale.



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www.wired.it
2021-12-18 06:00:00

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